Sul suo profilo Twitter si descrive così: “Ex campione di MotoGp, appassionato pescatore e padre orgoglioso”.
Ma chi si immagina un attempato signore che, dopo aver raccolto onori e gloria e abbastanza soldi per assicurarsi una tranquilla vecchiaia lontano dal rombo delle moto, ha sbagliato clamorosamente. Casey Stoner, l' ex pilota che ha trovato la sua felicità nei pargoli e nell'arte di far abboccare trote di fiume è un ragazzo che compirà 29 anni il prossimo 16 ottobre. É uno che può dare ancora molto (e in questo la Honda è stata lungimirante, assumendolo come collaudatore per lo sviluppo delle moto da competizione) ma che ha deciso di farsi da parte.
Era il 17 maggio di due anni fa. L'australiano correva per il team Repsol Honda e, alla vigilia del Gp di Le Mans, stupisce tutti con una dichiarazione bomba. “Sono due anni che pensavo a questo. Ho parlato molto con la mia famiglia e alla fine ho deciso di ritirarmi alla fine della stagione 2012. Nel 2013 non correrò più – ha spiegato – Ci sono molte cose di quest’ambiente che non sono compatibili con me e che non mi piacciono, anche se ho passato molti momenti bellissimi e indimenticabili. Ma questa è la mia decisione finale”. Stoner aveva 26 anni e non era più contento di quello che faceva: “Questa non è la MotoGP di cui sono innamorato”.
La MotoGp allora ha perso un grande protagonista, fu la frase di circostanza dei colleghi. Ma a distanza di due anni dal suo ritiro, mai affermazione fu più azzeccata. A differenza di molti protagonisti del circo a due ruote organizzato dalla Dorna, Stoner era un non-allineato. Sobrio, lontano dallo stereotipo del pilota di moto e dalle sue guasconerie, praticamente sconosciuto alle cronache rosa: si è sposato giovane con Adriana Tuchyna, che è stata a lungo la sua umbrella-girl e da lei ha avuto una figlia, Alessandra Maria. Per il resto solo tanto lavoro e tanta moto.
Con una trafila che – come accade quasi sempre – inizia prestissimo: tanta moto su ovali sterrati in Australia e poi una segnalazione, che porta le sue abilità in moto all'attenzione di Alberto Vergani, talent scout e patron dell'azienda costruttrice di caschi Nolan: è grazie al suo sostegno finanziario che il 15enne australiano esordisce nel campionato inglese. Poi il salto in 125 e 250, qualche vittoria e un talento grezzo ma efficace in pista. Non vince mai un mondiale nelle categorie minori, Casey, ma il suo modo di aggredire l'asfalto non lascia indifferenti. É un ragazzo tranquillo ma in pista si trasforma, non si risparmia, è estremo nella guida e spesso finisce per terra. Le sue memorabili scivolate gli frutteranno il soprannome – molto amato dalla stampa italiana – di Rolling Stoner.
Cade molto e in modo spettacolare anche quando passa in MotoGp: al suo primo mondiale nel 2006 con la Honda arriva ottavo. È bravo, ma non si sa gestire, cade troppo spesso, lo liquidarono alcuni osservatori. Eppure l'australiano noiosetto e ben educato che si era sposato con la sua “ombrellina” un posto nella storia se lo è conquistato, ma non per avere vinto due titoli mondiali. D'accordo, ha scritto il suo nome nell'albo d'oro nel 2007 e 2011 ed è stato il primo australiano a frequentarlo dai tempi di Mick Doohan. No, Stoner è ben altro di un due volte campione del mondo. É il pilota che è riuscito a compiere un'impresa in cui è fallito anche il tanto celebrato Valentino Rossi: ha vinto un titolo con la Ducati. Già, la vituperata Desmosedici: una moto troppo potente, difficile da gestire, scalpitante, troppo reattiva e cattiva. Meglio le giapponesi, nate per vincere e più abituate a farlo. Invece nel 2007 Stoner con la sua guida nervosa e cattiva ha domato la bestia di Borgo Panigale, ha vinto 10 Gp su 18 disponibili e ha messo tutti in fila. Sarà anche scarso e cadrà anche spesso, questo Rolling Stoner, ma Valentino Rossi da Tavullia, in Ducati ha inanellato le due stagioni più fallimentari della sua carriera. E da allora, dati alla mano, non si è più ripreso, imboccando in modo inesorabile il viale del tramonto.
Stoner è uscito comunque da vincitore, annunciando con largo anticipo il suo addio a un “circus” troppo distante da lui. E lo ha fatto senza cattiveria, calcolando bene i tempi, da attore consumato che conosce i meccanismi dello spettacolo e li domina, non li subisce.
Di: Marco Gentili
Per l'articolo si ringrazia Sportswirter (www.sportswriter.it)
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